martedì 22 marzo 2011

La vergogna dei giornalisti 2 . L'articolo falso!

Quando stavo a Nagoya io e F. abbiamo letto questo articolo.
Non sapevamo se piangere o ridere. Di tutto quello che e` stato scritto su Peppe e in particolare la telefonata e` falso.
La foto nella sua pizzeria e` vera, ma non l'ha fatta il fotografo e` quella che Peppe ha usato su facebook.

Purtroppo e` uscito sul Corriere e non sul giornale locale, creando non pochi problemi al povero Peppe vittima di questo articolo

Ringrazio i giornalisti per aver creato il panico e fatto disperare i nostri cari. Se ne avessi avuto la forza li avrei denunciati e richiesto i danni (quanti di noi hanno dovuto pagare un viaggio non previsto)


Giuseppe erricchiello, 26 anni, fa il pizzaiolo nella capitale giapponese

«Io, Peppe, il pizzaiolo: uno degli ultimi italiani rimasti a Tokyo»

«Ho ricevuto una telefonata: "Scappa finchè sei in tempo"»

Giuseppe erricchiello, 26 anni, fa il pizzaiolo nella capitale giapponese
«Io, Peppe, il pizzaiolo: uno degli ultimi italiani rimasti a Tokyo»
«Ho ricevuto una telefonata: "Scappa finchè sei in tempo"»
MILANO - «Peppe, sei uno degli ultimi degli italiani rimasti a Tokyo. Ti prego, scappa». Sarebbe iniziata così la telefonata ricevuta martedì mattina da Giuseppe Erricchiello, in arte Peppe, pizzaiolo nato 26 anni fa ad Afragola, vicino a Napoli, e residente a Tokyo da cinque anni. Una telefonata fatta dall'ambasciata italiana nella città giapponese, secondo quanto riferisce lo stesso pizzaiolo, ma smentita dalle fonti consolari italiane di Tokyo tramite funzionari del ministero degli Esteri a Roma.

Peppe è uno dei molti che hanno fatto grande l’Italia all’estero. La sua storia fa comprendere il valore, il coraggio, la dolcezza e la semplicità di questo ragazzo dal naso partenopeo. Peppe non padroneggia un italiano perfetto e l’inflessione dialettale è predominante, ma ciò che dice e racconta arriva sempre dritto al cuore: aveva circa 20 anni quando venne accoltellato perché - sembra impossibile, ma è storia di oggi - si era innamorato di una ragazza di cui non doveva innamorarsi. Era stato avvertito del rischio della sua scelta, ma le motivazioni che gli erano state fornite erano impossibili da comprendere per un ragazzino della sua età. Peppe rimane qualche mese in coma e al suo risveglio chiede aiuto a sua nonna, la donna che lo ha cresciuto: «Nonna, io non voglio rimanere in Italia, ho paura. La cosa che so fare meglio di tutte è la pizza. Secondo te, qual è il Paese dove piace di più la pizza?». La nonna rispose che le pareva che ai giapponesi la pizza piacesse, e Peppe, raccolto tutto il suo denaro, parte da solo per Tokyo, città dove inizia immediatamente a lavorare. Come garzone, aiuto cuoco e poi, finalmente, come pizzaiolo.

Pizza dopo pizza, ristorante dopo ristorante, Peppe in soli cinque anni riesce ad avere una pizzeria tutta sua – che ha chiamato La Bicocca - e a fare breccia nel cuore della gente della città, che lo ama. Oggi, o meglio, sino allo scorso venerdì, Peppe era diventato un personaggio pubblico: andava nelle scuole ad insegnare ai bambini giapponesi a fare la pizza napoletana; era a fare ospitate sulla televisione nazionale per raccontare i segreti del suo impasto; era all’ambasciata italiana, a fondare l’associazione dei pizzaioli napoletani in Giappone. E tutte le sere nel suo locale, a lavorare sodo, sempre, fino a tarda notte.

Oggi Peppe è uno degli ultimi italiani rimasto a Tokyo, molti sono già tornati in Italia o si sono spostati in altre città del Giappone. Altri invece hanno deciso di restare a Tokyo: non hanno lasciato case, lavoro, parenti e amici, sperando che in qualche modo la situazione possa tornare alla normalità. «L'ambasciata italiana resterà aperta finchè ci sarà l'ultimo italiano» ha detto l'ambasciatore Vincenzo Petrone che in collegamento in diretta da Tokyo durante la trasmissione di Porta a Porta ha riferito la situazione dei connazionali presenti nel paese. «Nella zona di esclusione - cioè quella attorno alla centrale, ha rassicurato Petrone - non ci sono comunque più italiani».

Peppe ha paura, ma non vuole andarsene. Non vuole scappare dalla città che lo ha accolto, non vuole abbandonare la gente che gli vuole bene. «Venerdì è stata durissima: ho avuto il tempo di pregare, di chiedere scusa per tutti i miei peccati e ho chiuso gli occhi pensando che tutto sarebbe sparito. Poi ho riaperto gli occhi e tutto era ancora lì, ma era caduto per terra. In mattinata mi ha chiamato l’Ambasciatore per dirmi di andare via subito, che è pericoloso. Ma mi dispiace lasciare questa gente. Se non faccio io la pizza, nessuno va più al ristorante. La città è vuota, per le strade non c’è più nessuno: sono tutti chiusi nelle case. I negozi sono serrati e gli alimentari non hanno più nulla da vendere, in alcune zone della città non c’è l’acqua e l’elettricità funziona solo ogni tanto. Sembra di essere in una città fantasma». Proprio lunedì la moglie di Peppe, che si è sposato con una ragazza giapponese, ha scoperto di essere incinta e lui, fiero, ha detto che diventerà papà. E questo è l’unico motivo per cui Peppe prenderà un treno e si sposterà per qualche giorno nel sud del Giappone. «Ma voglio tornare, perché la mia vita è tutta in questa città».
Massimo Triulzi
15 marzo 2011(ultima modifica: 16 marzo 2011)

Peppe nella sua pizzeria
Peppe nella sua pizzeria

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